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La Veglia di Natale, 1972

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Sono le 2330 della Veglia di Natale al momento che scrivo. Tra una mezz’ora sarà Natale. Il mio più forte ricordo della Veglia di Natale in Italia era del 1972, il secondo anno. Verso le 0730 trentaquattro anni fa partii da Vicenza in treno per andare a Rieti, dove passai la settimana insieme a vari amici.

Dall’orario del treno m’aspettavo che c’avessi dovuto mettere circa sette ore per il viaggio. Macchè… ci arrivai verso le 2330 di notte. Che casino… o non c’era il treno, o era strapieno e non ci stetti affatto, o era in ritardo di quanto-non-si-sapeva. Arrivato a Rieti camminai dalla stazione alla casa degli amici in Via delle Ortensie nel pieno buio, temperatura sotto zero, tante stelle come piccoli diamanti nello sfondo chiaro nero del cielo, affammato, assettato e stanco ma provando una forte esilerazione per la speranza di vedere di nuovo gli amici. Quando arrivai mi diedero da bere dell’Amaretto di Saronno, il quale mi riscaldò bene. Mi ricordo che Natale stesso dopo un’ottimo pranzo abbiamo giocato a “42”, un gioco texano, per otto ore senza interruzione fino l’una di notte.

Poi durante la settimana girammo per varie città adriatiche per quattro giorni per distribuire diverse migliaie di depliants nelle cassette postali; fummo in otto in due macchine. Partimmo dopo aver rifatto i freni della 128 di Norman, che fallirono prima che fossimo fuori città partendo in viaggio. Poi dopo quattro giorni, tornando di notte tarda, nella neve nelle montagne, le due macchine si separono senza accorgersene e perdemmo qualche ora ritrovandoci di nuovo. Poi dopo tornammo, la prossima mattina il motore del furgoncino 850 non partì più. I bilancieri delle valvole si furono staccati dalla testata dopo il motore fu spento a casa dopo il ritorno, e Davide dovette rifarli tutti. Mi vengono i brividi anche a ricordarmi di quegli eventi dopo tanti anni… se fossero falliti i freni in montagna, o se si fosse guastato il motore a qualsiasi punto del viaggio, sarebbe stato un brutto affare. Ci dicevamo anche allora che gli angeli ci guardavano attorno. Ora in retrosquardo lo vedo ancora più chiaro.

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